mercoledì 23 gennaio 2013

Il ruolo del CFO (un articolo)

http://www.pambianconews.com/approfondimenti/ce-la-crisi-piu-potere-al-cfo/

[testo integrale, fonte citata, PambiancoNews 27/2/2012]

Ti amo Cfo. In tempi di crisi è il ruolo del direttore finanziario, spesso accompagnato dalla nuova figura del Chief Restructuring Officer a crescere nelle aziende, e il settore della moda non fa eccezione. Posizioni fondamentali con potere crescente, anche nei gruppi a conduzione familiare. Che hanno capito che oggi, managerializzare, vuol dire salvare il business.

Crisi che incombe, ruoli che cambiano. Se negli anni cinquanta e sessanta, in piena crescita economica ma soprattutto con l’arrivo di nuove e allora avveniristiche tecnologie la “figura chiave” all’interno delle aziende era quella del direttore di produzione, negli anni ottanta inizia ad acquistare peso il direttore commerciale, con il compito di ampliare il più possibile la rete distributiva e quindi le vendite. Nel nuovo secolo, invece, è il Cfo, in italiano e fino a poco tempo fa direttore finanziario, a tenere le redini delle aziende. Tant’è che in molti casi la loro carriera sfocia nelle stanze dei bottoni con ruoli di Amministratore Delegato o di Direttore Generale. è ai Cfo che spetta il compito di mantenere linee di credito e ottimi rapporti con le banche, controllare entrate e uscite minuziosamente per ridurre i costi e far crescere, ristrutturare o tenere sotto controllo il business. In molti casi il Cfo deve anche organizzare il “real estate” ovvero gli affitti o gli acquisti di punti vendita, negoziando o rinegoziando contratti, che in questo settore sono sempre a parecchi zeri, considerata la posizione tassativamente centrale e prestigiosa in cui devono trovarsi le boutique. Come spiega Fausto Cosi, Presidente dell’ANDAF (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari): “Dal 2007 la grossa crisi di liquidità ha mutato in maniera significativa i parametri di riferimento e la variabile finanziaria è diventata elemento strategico nella gestione dell’impresa”. In poche parole oggi sono i temi dell’indebitamento e del credito ad essere centrali, e quindi: “Il Cfo è diventato lo stratega dell’impresa, figura chiave anche in quelle società a gestione familiare che hanno dovuto adeguarsi ai rapidi e negativi mutamenti del mercato e che fino a poco tempo fa si appoggiavano magari a ragionieri o contabili di fiducia”. Ovviamente, chiude Cosi: “Si tratta di un fatto sintomatico della sofferenza del mercato, ma anche di un drastico cambiamento all’interno della gestione”. Nuovo Zeitgeist aziendale, insomma. Conferma il fatto anche Maurizia Villa, head hunter a capo della divisione italiana di Korn/Ferry International, prima società al mondo specializzata nella ricerca di top management. Nei suoi uffici milanesi sfila il fior fiore dei vertici in cerca di carriera: “Lo sviluppo all’estero di molti brand italiani ha costretto le aziende ad una maggior attenzione verso gli aspetti finanziari. Diversi gruppi hanno portato avanti processi di managerializzazione e il direttore finanziario, che fino a dieci anni fa era una sorta di factotum, oggi è una figura strategica che lavora a stretto contatto sia con i vertici che con gli azionisti di riferimento”. Le competenze richieste? “Innanzitutto un forte accreditamento con le banche, poi esperienza nel campo della pianificazione e dello sviluppo dell’azienda relativamente alla capacità finanziaria e al contenimento dei costi. Apprezzatissima la provenienza da settori e mercati internazionali”. Nella crescita dell’importanza del ruolo ha giocato molto anche l’aumento degli investimenti dei fondi di private equity presso le aziende italiane. “Gli imprenditori si sono resi conto che nessuno sviluppo funziona se non è accompagnato da una corretta e strategica pianificazione finanziaria”. Anche chi è meno legato al lusso estremo si trova a far fronte all’evoluzione dei mercati. Guardiamo il caso della Conbipel di Cocconato d’Asti. L’acquisto da parte del fondo di investimento Oaktree ha coinciso con la nomina a Cfo nel 2007 del francese Nicolas Girotto. “L’azienda prima era a gestione familiare, con il ragioniere che da anni ne teneva i conti. Sono stati assunti nuovi manager, ridefinite tutte le strategie di prodotto, comunicazione e vendita e il mio ruolo è diventato fondamentale per l’interazione con il nuovo modello di business”. Girotto, che ama molto Torino dove si è trasferito (fondamentale è la flessibilità), ha una laurea in matematica, un master in Finance&Accounting all’Università Montesquieu Bordeaux IV e un diploma superiore di Ragioneria e Studi Finanziari presso l’Institut d’Administration des Enterprises di Bordeaux. Come dire: la specializzazione paga. Doveroso poi un distinguo, spiega Maurizia Villa: “Se il Cfo di una multinazionale con sede all’estero è una sorta di controller evoluto su decisioni che poi vengono prese dalla casa madre, quello di una società italiana assume il ruolo chiave di business partner dei vertici”. E chi sono queste stelle nascenti del business, sorta di maghi con la bacchetta magica? “Solitamente hanno tra i 38 e i 45 anni, oggi anche tante donne, circa il 40%, laureati in discipline economiche e possibilmente con un percorso in società di revisione o dell’investment banking. I compensi, nel caso ad esempio di un’azienda di trecento persone, possono andare dai 180 ai 250 mila euro cui si aggiungono i premi”. Negli ultimi due anni poi, a fianco al Cfo sta prendendo piede anche un’altra figura, il cui peso crescente è segno dei tempi. Si tratta del Cro, ovvero Chief Restructuring Officer, la persona che ha la responsabilità del piano di ristrutturazione dell’azienda. Ruolo tipicamente anglosassone, molto in voga in America, e che comincia a far capolino anche dalle nostre parti. Esempio pratico è quello di Andrea Grispo, cui nel 2011 la società internazionale di retail coreana E-Land ha affidato il compito di risanare la neoacquisita Mandarina Duck e di salvarla dall’articolo 67 della legge fallimentare risollevandone le sorti. Spiega Grispo: “Ho trattato con i sindacati per ridurre la cassa integrazione e salvare il maggior numero di posti di lavoro, con il sistema bancario per ridurre il debito da trenta a venti milioni di euro, poi mi occupo dell’innovazione tecnologica e dialogo direttamente con il Consiglio di amministrazione e l’AD. L’obiettivo è quello di tornare al profitto e rimettere in equilibrio tutto il sistema del retail”. Compito che in cifre si traduce: “Raggiungere il break even con un fatturato di 40 milioni di euro entro quest’anno e tornare al profitto nel 2013”.